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i tre fratelli
Messico, un giorno qualunque
Siamo nella zona urbana di Puerto Morelos. Per capirci meglio nella Mestre di una turistica Venezia. La zona urbana e quella litorale anche qui sono divise da una lunga strada lagunare. Qui turisti pochi, anzi pochissimi. Un quartiere residenziale popolare. Il modo di vita è spesso simile a quello dei tanti piccoli paesini della provincia del Quintana Roo. La casa confinante la nostra guesthouse è abitata da una famiglia composta da genitori e tre bambini. La proprietà è su due lotti. In uno il padre ha una attività di pseudo falegnameria e nell’altro c’è una casa e un “giardino”. La casa è un cubetto di cemento con uno stanzone e il bagno. Immancabili le amache che si vedono appese ai muri.
Il mio sguardo si sofferma però su quello che ho chiamato giardino ma in realtà è un luogo non ben definito. Ci sono vasi con piante, assi, attrezzi sparsi per terra, bidoni di vario tipo, sacchi, un braciere e un infinito numero di altre piccole cose.
In mezzo a tutto ciò i tre figli, approssimativamente di 2, 4 e 6 anni giocano quasi tutto il giorno. Il più grande era intento a giocare con il machete, la media si scaldava le tortillas sull’instabile braciere e il piccolino con il suo pannolino corre a destra e a sinistra. Tutti ovviamente scalzi. La porta del “giardino” aperta dà sulla trafficata strada. Ora sono lì tutti e tre dentro quel catino che probabilmente nella loro fantasia diventerà una volta nave o auto o chissà cosa. In quei 30 metri di giardino ci sono comunque abbastanza elementi che un genitore come me definirebbe pericoli. Eppure sono lì, soli a giocare. Se lo facesse mio figlio si sarebbe già tagliato con il machete, preso una serie di spine di legno nei piedi, accumulato abbastanza germi e batteri per prendere tutte le malattie per cui è possibile vaccinarsi e anche no, divorato da tutta una serie di insetti tropicali. Non tornerebbe come prima neppure dopo un bagno con amuchina e acqua santa. Eppure i tre bimbi sono lì a giocare tranquilli senza che succeda nulla. Addirittura sono io che mi stresso a guardarli e per una strana interpretazione del principio di Heisenberg preferisco non farlo pensando che la mia sola osservazione possa produrre effetti disastrosi.
Mi rendo però conto che un po’ anche io sono cresciuto così, e di più i miei genitori e ancora di più i miei nonni. Qui sto osservando dentro una macchina del tempo come eravamo anche noi prima di “sterilizzarci” anche l’anima.
Se da un lato tutto questo pare romantico e nostalgico dall’altro bisogna ammettere che le probabilità di incidente domestico alle nostre latitudini è decisamente inferiore. Vero anche che questi bambini hanno anticorpi che neppure l’alleanza di tutti i nostri antibiotici uniti ad ammoniaca, candeggina e cloro messi insieme riuscirebbero ad eguagliare.
Vogliamo poi parlare dei seggiolini auto bambini che qui manco sanno cosa siano. I nostri seggiolini invece sono talmente avanzati invece che ci dimentichiamo pure il bambino dentro.
Dall’altro lato i nostri figli “pastorizzati” passano ore e ore davanti a TV e dispositivi elettronici e noi candidamente ignoriamo i pericoli occulti di questi nuovi media.
Machete vs. Fortnite. Chi può fare più danni ai nostri bambini?
Non ho la risposta ma il bello di viaggiare e di osservare è anche questo. Si viene a contatto con mondi diversi e questo aiuta un po’ a riflettere e magari a trovare le giuste vie di mezzo.
Ad ogni modo #nonfateloconivostrifigli